Cosa posso fare in questo ambito:
Principalmente mi diverto, studio, pratico.
Il tema è spesso controverso. Anche i curiosi talvolta potrebbero desistere dall’avvicinarsi a quest’arte tradizionale.
Su richiesta, posso mostrare alcune legature elementari e mostrare alcuni docenti e stili.
Conoscevo il bondage* da molto tempo, l’ho guardato con curiosità talvolta ma nulla più.
Negli anni mi è capitato di incontrare qualche rigger (persona che pratica il bondage) per questioni musicali. Le stesse persone le ho sentite poi nominare spesso saltuariamente, li ho visti collaborare con psicologi o sessuologi e quindi ho potuto valutare capacità e professionalità.
In un periodo in cui ho iniziato a lavorare e studiare sulle relazioni “alternative”, l’erotismo e la sessualità per un nuovo progetto musicale, mi sono iscritto prima ad un paio di corsi con Dr Fatso. Trovando interessante l’argomento, seguendo i consigli di appassionati del genere, ho iniziato a seguire una serie di workshop con Riccardo Sergnese – Wildties e Andrea Quartacorda. Soprattutto in questo caso, si è approfondito il legame tra rigger (persona che lega) e bottom (persona che viene legata). La comunicazione, le sensazioni ed il forte legame cerebrale tra questi sono certamente intensi e necessitano di essere provati per comprendere … qualora piaccia ovviamente.
Col tempo, un piccolo numero di amici mi ha chiesto di insegnar loro le basi. Ci troviamo di tanto in tanto per mangiucchiare e fare quattro nodi presso il “Club del Fiocchetto”.
Un luogo molto informale, sicuro e protetto.
Chi partecipa? Universitari, magari attivisti in ambito diritti civili, professionisti di vario genere, ricercatori, artisti.
Per vedere alcune foto di una sessione di allenamento e scaricare un manuale sulle precauzioni da usare nel bondage, clicca QUI NB: pur non essendoci foto di nudo o esplicite, mandate una mail a: info@andreaferroni.it per avere la password di accesso.
*bondage è il nome più noto per descrivere questa pratica. Col tempo ho apprezzato maggiormente i maestri giapponesi che lo chiamano “shibari” o “kinbaku” a seconda dello stile e delle implicazioni rituali.